Vita Consacrata, claustrali: più silenzio e ascolto

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VITA CONSACRATA | 17.02.2016 | “Quest’annno speciale è stato soprattutto una buona occasione per stringere legami. Occasione di incontro e confronto con altre suore della zona di Milano e altri monasteri”. Lo racconta Madre Maria Ignazia Angelini, OSB, Badessa del Monastero benedettino di Viboldone, in partenza per Roma dove parteciperà all’Incontro internazionale “Vita consacrata in comunione”, in chiusura dell’anno che Papa Franecesco ha dedicato proprio a questo tema e in ccasione del Giubileo della Vita Consacrata.

Un rinnovamento ancora da realizzare

“A cinquant’anni dal Concilio e dalla mia professione monastica – spiega madre Angelini – i germi di rinnovamento della vita monastica femminile che allora si intuivano non si sono ancora pienamente realizzati”. “Cinquant’anni di vita e ricerca che attendono di essere ripresi in mano. La ricerca sulla Sacra Scrittura, sulla Liturgia, sul modo di vivere i rapporti con la Chiesa locale, sulle origini del monachesimo, hanno arricchito questi anni. Il modo di vivere fra di noi all’interno della comunità era allora molto più formale, rituale. Così come i ritmi della vita e della preghiera. Ma oggi, il desiderio che era in germe mezzo secolo fa – e cioè quello di un monachesimo che parlasse a tutta la Chiesa – deve ancora realizzarsi”. “Oggi credo che soprattutto la trasformazione del monachesimo femminile sia ancora allo stadio iniziale, visto che nella Chiesa ci sono nuove attese e un nuovo desiderio di dialogo nei confronti delle donne”.

Ripartire dal monachesimo femminile

“Vorrei che la vita monastica femminile si esprimesse nell’oggi. In un’epoca che si definisce con tanti ‘post’ – post-cristiana, post-moderna, post-ideologica – e che invece vorrei fosse un momento di un nuovo inizio. Ricordo che nella lettera ‘Orientale lumen’ S. Giovanni Paolo II ricordava che le monache nei paesi slavi sotto i regimi totalitari hanno rappresentato il nucleo portante di una continuità di vita clandestina, nascosta, ma pienamente viva. Ecco, io vorrei che il monachesimo femminile oggi rappresentasse il grembo, il luogo germinale, il laboratorio in cui si pensa la fede con le sue grandi sfide. Le religiose femminili che scelgono la vita monastica claustrale – come noi – hanno il compito di custodire le radici della vita ecclesiale: le celebrazioni, la lettura delle scritture, le interecessioni. Tutte esperienze forti che rischiano di essere un ‘bla bla’ se non c’è tanto spazio di silenzio ed ascolto alla base”.

Il ritiro ‘inverante’

“Se non c’è uno spazio di interiorità è impossibile una relazione di vita con l’altro. Dio parla nell’altro, certo. Ma il sigillo di Dio nell’altro lo posso cogliere solo se ho appreso il linguaggio di Dio in una sorta di ritiro ‘inverante’. Se questo non c’è, la relazione con l’altro è solo uno spiaccicarsi nell’immediato. E questo vale non solo per le religiose, ma per tutta l’umanità”. “Questo rinnovamento – conclude madre Angelini – sarebbe anche un modo per richiamare tutta la Chiesa a delle priorità che oggi rischiano di scomparire o di ridursi a delle autorappresentazioni e non alla ricerca del volto di Dio a cui ci chiama il Papa con il Giubileo della misericordia”.

(Fabio Colagrande)

Fonte: Radio Vaticana, 28/01/2016

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