Profezia, prossimità, speranza: Tre parole chiave affidate dal Papa alle persone consacrate

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01.02.2016 | Profezia, prossimità e speranza: sono le tre parole chiave che Francesco ha affidato a tutti i consacrati, ricevendo in Vaticano stamane, lunedì 1° febbraio, i partecipanti al giubileo. Domani, martedì 2, il Pontefice celebrerà per loro in San Pietro la messa nella festa della presentazione del Signore con cui si concludono l’anno della vita consacrata e l’incontro internazionale organizzato dal dicastero competente con la partecipazione di religiosi e laici in rappresentanza di istituti e società maschili e femminili.

Messo da parte il testo preparato per la circostanza — consegnato al cardinale prefetto — il Papa ha parlato a braccio per circa mezz’ora, sintetizzando i contenuti del discorso già scritto e arricchendoli con confidenze e riflessioni colloquiali.

Riguardo all’aspetto della profezia, Francesco ha richiamato l’importanza dell’obbedienza nella Chiesa, che è l’esatto contrario del «seme dell’anarchia» sparso dal diavolo. Premettendo che all’obbedienza umana manca sempre qualche cosa, «perché la perfetta obbedienza è quella del Figlio di Dio», il Papa ha invitato i presenti a riscoprire e a vivere fino in fondo questa dimensione come autentica «donazione del cuore». Questa, ha spiegato, «è profezia», ossia «dire alla gente che c’è una strada di felicità, di grandezza, una strada che ti riempie di gioia».

Quanto al secondo aspetto, il Pontefice ha ricordato che le sofferenze e i problemi della gente si capiscono solo se si è capaci di stare vicini alle persone. E il “primo prossimo” del consacrato o della consacrata è il fratello e la sorella bisognosi di conforto che vivono nella stessa comunità di appartenenza. «Diventare consacrati non significa salire uno, due, tre scalini nella società», ha sottolineato, ma vivere «la vicinanza con la gente». E soprattutto sfuggire alla tentazione del «terrorismo delle chiacchiere» che «distrugge» e allontana.

Infine, riguardo alla speranza, il Pontefice ha fatto riferimento al «calo delle vocazioni» religiose, raccomandando di accogliere sempre «con serietà» i giovani che scelgono la vita consacrata e di non riporre la speranza nelle ricchezze materiali — «i soldi sono lo sterco del diavolo» ha ammonito — ma piuttosto nella preghiera.

Fonte: Losservatore romano

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